Una figura
scura si è avvicinata. Papà lo ha guardato.
Papà, devi
scappare.
Nel rombo papà
ha detto:--Non l’ho riconosciuto. Aiutatemi, vi prego, è mio figlio. È ferito.
Non l’ho...
Ora era di
nuovo buio.
E c’era papà.
E c’era io.
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Mi sono svegliato
in una stanza bianca con una grande finestra. C’erano le macchine intorno a me che
facevano il bip molte volte. La luce del sole ha fatto la stanza più brillante
che era accecante. Mia madre e Maria dormivano in una sofà fronte da me. Papà
stava concentrato di quello che succedeva fuori della finestra, con i occhi
rossi e con lacrime. Ho visto la porta: c’era molto carabinieri fuori della
stanza. Un dolore forte ha viaggiato per tutta la gamba ferita quando ho
provato di sedere. Solamente avevo una domanda nella testa dolorante.
“Filippo?”
Papà mi aveva
sentito e si è venuto verso di me, dicendo “Shh, non parli di più. Lui è con
sua madre e la sua famiglia.” Ha preso la mia mano e l’ha baciato. Lui ha
chiuso gli suoi occhi e più lacrime scorrevano sulla faccia. Mi ha guardato con
gli occhi rossi e mi ha detto, “Michele, tu sei un bambino buono e puro. Sempre
fai quello che tu pensi che sia giusto. Va bene?”
Non potevo
dire niente. L’immagine di lui ed io nel buco per sempre era stata incisa nella
mia testa. Ma questo era un lato di mio padre che non avevo visto per niente.
Un’ uomo debole, mio padre.
Uno degli
carabinieri ha bussato la porta leggermente, e ha chiamato a papà di uscire
dalla stanza. Io sapevo quello che significava. Era tempo.
Ho cominciato
di piangere in silenzio. Papà mi ha datto una bacia nella testa e un’ abbraccio
forte. “Perdonami Michele.” Ho detto che si con la testa. Lui ha baciato a
Maria e mia madre, e dopo lui è uscito della stanza. Era l’ultima volta che l’ho
visto.
Si papà, ti
perdono.
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