Una figura scura si è avvicinata. Papà lo ha guardato.
Papà, devi scappare.
Nel rombo papà ha detto: – Non l’ho riconosciuto. Aiutatemi, vi prego, è mio figlio. È ferito. Non l’ho...
Ora era di nuovo buio.
E c’era papà.
E c’ero io.
Non sapevo di dire la verità all'ora in cui l'ho detto a Salvatore, ma infatti, prima dell'inizio di scuola, mi sono trasferito a Pavia insieme con mia sorella. Quello che è successo è qualcosa che anche adesso mi stupisce.
Mi sono svegliato qualche ora dopo, in una stanza d'ospedale a Lucignano. Tutto era bianco, e c'erano delle facce che non ho riconosciuto. C'erano anche Filippo e Maria. Filippo si è pulito dato che ci siamo partiti, e si sono voluti parecchi secondi primo che io potessi identificarlo. Sembrava un vero gentiluomo, più vecchio dei suoi anni a causa di tutto che è successo negli mesi passati. Si è seduto, e mi ha raccontato del tempo perso così:
"Mi sono nascosto come mi hai ordinato, ed improvvisamente ho sentito uno sparo. Sono stato fermo, pieno di paura, ma a quel momento l'uomo ha ansimato da rammarico. Ti ha portato fuori, e poi dei carabinieri sono entrati. Avevo anche paura di loro, pensando che mi sparerebbero come te, ma mi hanno istruito di avere calma, perché sono arrivati per salvarmi. Ho incontrato i miei genitori nell'elicottero, e gli ho detto tutto, specialmente di te. Sono convinti da me di adottare tu e tua sorella..."
Si è fermato a parlare. Non sapevo perché, ma ho scoperto dopo che i miei genitori erano stati arrestati per coinvolgimento nel rapimento. I suoi termini a prigione sono finiti adesso, e gli incontro qualche volta. Ho incontrato anche Salvatore delle volte. Gli altri non ho visto da vent'anni: vent'anni che sembrano di essere niente, i vent'anni in cui ho capito tutto, vent'anni senza paura.
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